lunedì 17 marzo 2014

Amburgo, 2009 - Un altro autunno tedesco




Moishe Postone

Messaggio alla manifestazione contro l’antisemitismo del 13/12/2009


Penso sia politicamente importante che molta gente a sinistra stia prendendo sul serio le espressioni di antisemitismo generalizzate tra i gruppi che si considerano antimperialisti. Forse ciò può portare a qualche chiarificazione teorica da tempo assente. La questione non è se la politica di Israele possa essere criticata. La politica di Israele dev’essere criticata, specialmente quella destinata a soffocare qualsiasi possibilità di uno Stato palestinese in Cisgiordania e a Gaza. Tuttavia, la critica del “sionismo” prevalente in molti circoli antimperialisti va oltre una critica della politica israeliana. Essa attribuisce a Israele e ai “sionisti” una malvagità unica e un potere di cospirazione globale. Israele non è criticata come sono criticati altri paesi – ma come l’incarnazione di ciò che è profondamente e fondamentalmente il male. In breve, la rappresentazione di Israele e dei sionisti, in questa forma di “antisionismo” “antimperialista”, è essenzialmente la stessa di quella degli ebrei nell’antisemitismo virulento che trovò la sua espressione più pura nel nazismo. In entrambi i casi la “soluzione” è la stessa – l’eliminazione in nome dell’emancipazione.
La rappresentazione convenzionale stalinista e socialdemocratica del nazismo e del fascismo quali meri strumenti della classe capitalista utilizzati per schiacciare le organizzazioni della classe operaia, ha ignorato sempre una delle loro dimensioni centrali: questi movimenti, nei termini della loro autorappresentazione e del loro appello alle masse, furono rivolte. Il nazismo si autorappresentò come una lotta di liberazione (e appoggiò movimenti “antimperialisti” nel mondo arabo e in India). La base per questa autocomprensione fu un'interpretazione feticistica del capitalismo: il dominio globale, astratto e intangibile del capitalismo fu concepito come dominio degli ebrei. Lungi dall’essere semplicemente un attacco a una minoranza, l’antisemitismo dei nazisti si autoconcepiva come antiegemonico. Il suo obiettivo era liberare l’umanità dal dominio implacabile e onnipresente degli ebrei. E’ a causa del suo carattere antiegemonico che l’antisemitismo lo si potè caratterizzare come “socialismo degli imbecilli”. Oggi lo si può caratterizzare come “antimperialismo degli imbecilli”.
Questa forma antisemita di “antisionismo” purtroppo non è nuova. Essa fu al centro dei processi stalinisti all’inizio degli anni ‘50, in particolare in Cecoslovacchia, quando i comunisti internazionalisti, molti dei quali ebrei, furono accusati di essere “agenti sionisti” e fucilati. Questa forma codificata dell'antisemitismo, la cui origine non ha nulla a che fare con le lotta in Medio Oriente, fu poi trasferita dall’Unione Sovietica e i suoi alleati durante la Guerra Fredda – in special modo dai servizi segreti della DDR lavorando con i loro clienti occidentali e del Medio Oriente (tra cui, per esempio, la RAF e vari gruppi “radicali” palestinesi).
Questa forma di antisionismo “di sinistra” convergette con il nazionalismo arabo radicale e con l’islamismo radicale – che non sono più progressisti di qualsiasi altra forma di nazionalismo radicale, come il nazionalismo radicale albanese o croato, per i quali l’impulso eliminatorio rivolto contro gli ebrei in Israele è giustificato in quanto rivolto contro gli “europei” colonizzatori. Quanto più l’impulso eliminatorio contro gli ebrei in Israele diventa forte, tanto più la legittimità di Israele viene messa in discussione – con argomenti che vanno dall’affermazione secondo cui la maggioranza degli ebrei europei non è biologicamente mediorientale (un reclamo fatto nel 1947 dall’Alto Comitato Arabo e ora riciclato come una “nuova scoperta” da Shlomo Sand) fino all’idea per cui essi sono semplicemente colonizzatori europei, come i pied noir [designazione data ai francesi originari dell’Algeria; n.d.t.], per cui devono essere rispediti a casa. E’ sconfortante, se non sorprendente, che i nazionalisti radicali in Medio Oriente vedano le cose in questi termini. Diventa tuttavia perverso quando degli europei – principalmente tedeschi – identificano gli ebrei, il gruppo più perseguitato e massacrato dagli europei durante un millennio, proprio con quegli stessi europei. Identificando gli ebrei con il proprio passato criminale, tali europei intendono fuggire dal confronto con questa pesante eredità. Il risultato è una modalità che pretende di lottare contro il passato, ma in realtà lo continua e lo estende.
Questa forma di antisionismo è parte di una campagna per eliminare Israele che va guadagnando forza dall’inizio della seconda Intifada. Il fatto di focalizzarsi sulla debolezza dei palestinesi nasconde l’intenzione finale. Questa forma di antisionismo è parte del problema, non della soluzione. Lungi dall’essere progressista, esso si allea coi nazionalisti e gli islamisti arabi radicali, cioè, con la destra radicale nel Medio Oriente e così facendo rafforza la destra in Israele. E’ costitutivo di una guerra sempre più definita in termini di somma zero che mina qualsiasi possibile soluzione politica, ricetta per una guerra senza fine. L’odio manifestato da questo antisionismo fa esplodere i limiti della politica, poiché è tanto illimitato quanto il suo oggetto immaginato. Tale assenza di limiti punta verso il sogno dell’eliminazione. I tedeschi, come altri europei, conoscono questo sogno eliminatorio molto bene. E’ tempo, finalmente, di svegliarsi.

trad. by lpz